mercoledì, maggio 30, 2007

Come Riki "rispolvernado tra le mie carte". Mi è stato detto che non è la mia prova migliore...
A voi:

"All’ improvviso capì che lui era li. Più che vederlo ne percepì la funesta presenza, sentì il consueto brivido scorrerle sulla pelle, frantumarle le ossa. Un odore acre la pervase, l’odore della paura, e un sapore secco e amaro le baciò le labbra, il sapore della violenza.
Prima ancora di voltarsi sapeva nettamente che avrebbe trovato il male dietro di lei.
Si girò con calma, lentamente per dargli l’occasione di assaporare il suo potere. Senza fretta, con la testa china avanzò verso di lui finché non fu tanto vicina da poter avvertire il suo respiro freddo sul collo. Si fermò e lo sentì sorridere. Così sapendo bene cosa stava facendo e scegliendo di farlo alzò il viso e il suo sguardo si scontrò con gli occhi di lui. Occhi freddi e gelidi come la morte ed animati non dalla vita ma dall’essenza stessa del male, occhi bianchi e piatti ma tanto profondi che lei vi si perse, annegando nella disperazione. Si sentì sospingere all’indietro e senza opporsi provò un acuto dolore al petto, come se il respiro di lui le avesse sottratto il calore dal corpo. La fitta si fece sempre più intensa, fino a percorrerle ogni nervo e a strapparla alla ragione. Poi percepì il vuoto premere contro il suo corpo e schiacciarla, sentì il silenzio inondarle la testa e assordarle le orecchie, pesante e terribile. Vide il buio mangiarle la vista, invaderle gli occhi esigendo la sua anima. Avvertì il tempo sgretolarsi dentro di lei e corroderle la mente.
E poi, il confortante nulla."

venerdì, maggio 18, 2007

Che giornata

18-05-07 ore 11-13, III C Dichiarazione di guerra. (non mia)
Non commento. Se qualcuno ha voglia di farlo... Ma attenti a quello che scrivete.
Solo: che sfiducia nel mondo.

mercoledì, maggio 16, 2007

titolo?

22 04 07
L’imprescindibilità del reale. Lo scorrere agnostico del tempo. Il rarefarsi delle idee dinnanzi al complesso frammentismo delle nostre scelte. L’inconsapevole affacciarsi sulla nostra esile vita di quel qualcosa che ci farà da nome. Il risuonare conturbante e seducente della litania della perversa parca che annuncia la fine dell’universo creatisi e modificatosi a misura delle nostre inutili passioni. Ora.
Ora che tutto sta per finire mi chiedo davvero a cosa sia servito tutto questo, se tutto questo peregrinare da un sentire all’altro, da un pensare all’altro, e, forse dallo sperare al temere, abbia avuto un senso per noi. Il passato è passato. È un disegno a carboncino sfumato e fuligginoso come il ricordo, è una fotografia ingrandita di un particolare immerso nell’eracliteo e inconsumabile scorrere del tempo, oppure un quadro appeso e incorniciato da rimirare nelle giornate uggiose. Ma è pur sempre qualcosa di finito e chiuso, una scatola nello sgabuzzino della nostra mente. Eppure ogni volta che ci serve qualcosa andiamo a riaprire quella scatola consunta. E nonostante questo il coperchio è pieno di polvere, il fondo marcio d’umidità.